Riscoperta la via dello zolfo di Sutera

Nei primi di gennaio del 1902 venne scoperta per caso una miniera di zolfo sotto il monte San Paolino, nel quartiere Archi. Purtroppo l’estrazione dello zolfo durò pochissimi anni, a seguito del crollo verificatosi nel 1905 di un costone del monte. Una struttura di lavorazione imponente, che nell’arco di un secolo è stata in parte ostruita dalle macerie interne (la cava) ed in parte ricoperta di detriti (quella esterna).
Nel settembre 2015 l’assessore Nino Pardi, sulla scorta di una documentazione fotografica, fece un primo sopralluogo all’ingresso di due bocche della miniera nel quartiere Archi, la zona che la immette nel parco urbano. Sul lato opposto, in contrada Capra, l’assessore ha poi ritrovato la parte terminale, la galleria di carreggio dove finiva il trasporto del materiale grezzo prima di essere messo nei forni.
Nell’arco di questi due anni, l’ing. Brescia, capo del distretto minerario di Caltanissetta, insieme all’ing. minerario Claudia Chiappino ha esplorato la discenderia della zona Archi. Poi l’assessore è andato alla ricerca dei fornelli in zona Capra, due forni Gill completamente sotterrati ed un calcherone. Tra il settembre del 2016 e il settembre del 2017 essi sono stati parzialmente liberati dai detriti e si lavora ancora per liberare tutta la struttura. A questa operazione hanno dato una mano diversi consiglieri comunali, i migranti ospitati a Sutera, molti giovani appassionati (appuntamento col passaparola o i social network). Un momento importante, anche per scoprire con sorpresa quanto ci tenesse il paese, è stato il convegno del 20 novembre 2016, Le Solfare ai Piedi del Monte San Paolino, a cui ha partecipato, tra gli altri, il prof. universitario Giovanni Badino, oggi purtroppo scomparso. Il convegno è durato oltre tre ore, ma nessuno è andato via.
Nella estate del ’17 Nino ha allestito un percorso che collega i tre siti principali della miniera: l’inizio delle due discenderie (zona Archi), la galleria di carreggio (zona Capra) e la parte intermedia dei forni e calcherone. L’itinerario, che tra agosto e settembre è stato percorso da quattro gruppi di 18 persone per volta, è anche una immersione nella storia avvenuta nei pochissimi anni di funzionamento, come lavoravano adulti e carusi, le trincee scavate dai militari venuti in soccorso dopo il disastro e, ovviamente, l’apprezzamento del paesaggio che domina la valle del Platani e, in alto, la vetta del monte. Tanta meraviglia per quello che abbiamo dimenticato e riscoperto, la possibilità di riproporre ad altri il percorso.
Intanto a breve sarà firmato un protocollo d’intesa con un gruppo di speleologi per l’ispezione e il rilevamento delle parte interna e profonda delle cavità naturali della montagna, in particolare, e subito, quelle minerarie.

Mario Tona