Sutera nel Club dei Borghi più Belli d'Italia
Unica bandiera arancione della Sicilia, Sutera è inserita anche
tra i borghi più belli d'Italia come stabilito dal direttivo dell’Associazione dei Borghi d'Italia, il 13
dicembre scorso. Il gioiello che ha fatto scattare l'inserimento sono le case
di gesso del quartiere Rabato. Con delibera n° 37 del 31 marzo 2014 la Giunta
Comunale ha effettuato la perimetrazione ufficiale del quartiere in modo da
individuare il territorio oggetto di interventi agevolativi per renderlo, con
atti successivi, più bello essendo ormai posto sotto i riflettori nazionali.
Cos’è l’Associazione dei Borghi d'Italia? Per
illustrarne scopi e struttura non c'è niente di meglio delle parole usate dal
presidente nel sito ufficiale.
"Nel
marzo del 2001 nasceva il club de I Borghi più Belli d´Italia su
impulso della Consulta del Turismo dell´Associazione dei Comuni Italiani
(ANCI).
Questa
iniziativa è sorta dall´esigenza di valorizzare il grande patrimonio di Storia,
Arte, Cultura, Ambiente e Tradizioni presente nei piccoli centri italiani che
sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti.
Sono
infatti centinaia i piccoli borghi d´Italia che rischiano lo spopolamento ed il
conseguente degrado a causa di una situazione di marginalità rispetto agli
interessi economici che gravitano intorno al movimento turistico e commerciale.
Per
questo si è deciso di costituire un Club di Prodotto che raccogliesse le giuste
esigenze di quegli amministratori più accorti e più sensibili alla tutela e
alla valorizzazione del Borgo e che intendessero partecipare con convinzione ad
una struttura associativa così importante ed impegnativa.
Per
essere ammessi occorre infatti corrispondere ad una serie di requisiti di
carattere strutturale, come l´armonia architettonica del tessuto urbano e la
qualità del patrimonio edilizio pubblico e privato, e di carattere generale che
attengono alla vivibilità del borgo in termini di attività e di servizi al
cittadino.
Occorre
inoltre impegnarsi per migliorare continuamente tali requisiti in quanto
l´ingresso nel Club non ne garantisce la permanenza se non viene riscontrata
una volontà, attraverso azioni concrete, di accrescerne le qualità.
Per
questo il nostro Club, che non è stato creato per effettuare una mera
operazione di promozione turistica integrata, si prefigge di garantire
attraverso la tutela, il recupero e la valorizzazione, il mantenimento di un
patrimonio di monumenti e di memorie che altrimenti andrebbe irrimediabilmente
perduto.
L´Italia
minore, quella a volte più sconosciuta e nascosta, rappresenta al meglio il
dipanarsi della storia millenaria che ha lasciato i suoi segni indelebili
soprattutto in questi luoghi rimasti emarginati dallo sviluppo e dalla
modernità a tutti i costi.
Non
proponiamo dei Paradisi in Terra ma vogliamo che le sempre più numerose persone
che ritornano a vivere nei piccoli centri storici e i visitatori che sono
interessati a conoscerli possano trovare quelle atmosfere quegli odori e quei
sapori che fanno diventare la tipicità un modello di vita che vale la pena di
"gustare" con tutti i sensi.
Fiorello Primi
Presidente Club dei Borghi più belli d´Italia
Complesivamente sono 53 i comuni meridionali che ne
fanno parte e ben 14 sono siciliani: Brolo, Castelmola, Castiglione di Sicilia,
Cefalù, Gangi, Geraci Siculo, Montalbano Elicona, Monterosso Almo, Novara di
Sicilia, Sambuca di Sicilia, San Marco d´Alunzio, Savoca, Sperlinga e Sutera.
14 foto presentano nel sito la nostra cittadina,
con delle informazioni riguardanti il borgo, le sue bellezze, tradizioni e
prodotti, seguendo il format standard per tutti i paesi.
Il nome
"Il toponimo ha resistito alla dominazione araba conservando l’origine greca medievale: deriva probabilmente da Sotéra, accusativo di Sotér, «salvatore», in riferimento al baluardo difensivo rappresentato dal monte e dalle fortificazioni che vi sono state realizzate in epoca bizantina; oppure da Sotéira, «colei che salva», attributo della dea Artemide al cui culto si sarebbero dedicate popolazioni greche, ma in questo caso antiche, in una zona collinare vicino all’attuale paese."
Da vedere
"L'abitato di Sutera si presenta come un collare di case di pietra intorno alla rupe gessosa del Monte San Paolino che domina la sottostante valle del fiume Platani. Il disordine urbanistico che affligge la Sicilia con l’edilizia «fai da te» qui è meno marcato, perché rimane evidente l’impianto medievale: le abitazioni sono ammucchiate le une sulle altre, vecchie e nuove; i colori tradizionali del gesso cercano un raffronto con quelli dei prospetti più recenti; le stradine in pietra lavica e calcarea mantengono il loro andamento labirintico.
La visita può iniziare dal belvedere di piazza Sant’Agata, dove impone la propria solida volumetria la quattrocentesca chiesa di Sant’Agata, in contrasto con l’ottocentesco Municipio. Nell´interno a tre navate - con volta a botte in quella centrale e grandi arcate - si apprezzano gli stalli del coro in legno scolpito, appartenuti alle Benedettine trasferitesi nel vicino convento nel 1727, la splendida statua in marmo quattrocentesca della Madonna delle Grazie, opera di maestranze lombarde, e la tela della Madonna degli Innocenti di Mariano Rossi (metà XVIII secolo) nella cappella del Sacramento.
Più avanti, percorrendo la via Roma s’incontrano i ruderi del quattrocentescopalazzo Salamone, in cui nacque uno dei tredici eroi della Disfida di Barletta, l’uomo d´arme Francesco Salamone (1478-1569). Piazza Carmine è chiusa dalla quinta prospettica della chiesa di Maria Santissima del Carmelo, la cui lineare compostezza è data dalla ricostruzione del 1934-36; la struttura originaria è del 1185 e l’attuale prospetto ingloba un piccolo porticato dove è interessante vedere, nel portalino d'accesso, inserti provenienti dalla moschea del Ràbato. Alla sua destra, il piccolo convento del 1664 ristrutturato di recente è sede del museo della civiltà contadina. Nel candido interno a tre navate, la Madonna del Soccorso è il capolavoro marmoreo del carrarese Bartolomeo Berrettaro: la statua fu scolpita nel 1503 per committenza della famiglia Salamone, i cui sarcofagi ornano la cappella a destra del coro.
Proseguendo per via Carmine si giunge al Rabato, il quartiere all’estremità del paese fondato dagli Arabi intorno all´860 d.C. Il Rabad - termine che sta per «sobborgo» - era un insieme di case dalle mura di gesso abbarbicate le une alle altre, stretti vicoli, ripide scalinate, bagli e terrazzi. Il villaggio arabo è ancora leggibile nell’impianto urbanistico odierno, soprattutto dall’alto del monte, da dove si ammirano i vecchi tetti di coppi siciliani e l’intrico di stradine tipico di una casbah araba. Da quel modello è derivata la casa contadina siciliana a un solo piano, il dammuso, con una singola stanza soppalcata, realizzata in gesso. L’insediamento arabo è sepolto sotto i diversi strati edilizi: sulla moschea edificata intorno all'875, il barone Giovanni Chiaramonte nel 1370 ha innalzato la compatta massa della chiesa madre di Santa Maria Assunta, ristrutturata completamente nel 1585 e dotata di un elegante portale rinascimentale e di un fonte battesimale marmoreo del 1495. Nella chiesa restano alcuni elementi architettonici della moschea, sporgenti da una parete del locale sovrastante, come le quattro nicchie in muratura di gesso.
Da piazza del Carmine si sale per una scalinata di 183 gradini distribuiti in quattro rampe al Monte San Paolino, alto 812 metri, sul cui terrazzo Giovanni Chiaramonte nel 1370 ha fatto erigere sulle strutture dell´antico castello, probabilmente bizantino, il Santuario di San Paolino. Più volte oggetto d´interventi nell´ultimo secolo, la chiesa è affiancata dal piccolo convento settecentesco dei Padri Filippini che conserva, dello stesso periodo, una tela di Filippo Tancredi, la Madonna in trono fra i Santi Damiano e Cosma. Ma il vero tesoro della chiesa è custodito in uno stipo ligneo del 1903 alla destra del presbiterio: si tratta di due mirabili urne-reliquiario, espressioni massime dell´oreficeria siciliana antica. L’urna che contiene le ossa di San Paolino è un grande cofano del 1498 con coperchio a schiena d´asino, sbalzato in una ricamata lamina d´argento con figure a rilievo e decori a racemi e palmette; l´altra, eseguita nel 1649 dal palermitano Francesco Rivelo, è uno sfarzoso esempio dell´arte orafa barocca, nel quale alloggiano le ossa di Sant’Onofrio.
Collinette gessose movimentano il paesaggio nei dintorni del borgo. In una di queste, detta rocca spaccata (in dialetto jacca, «fenditura»), due parti sono separate da un vuoto, e tradizione vuole che la roccia si sia spaccata con l’ultimo respiro di Gesù sulla croce. Invece sul pianoro della collina di San Marco, caratterizzata da roccia gessosa e friabile frantumata in grotte, si ammirano in un anfratto cui si accede attraverso un breve sentiero, i figureddi, affreschi in stile bizantino che rappresentano i quattro Evangelisti, la Madonna e San Paolino, opera probabile di monaci basiliani arrivati qui tra IV e VI secolo."
Il prodotto
"Qui il contenitore è importante quanto il contenuto: lu panaru è il cesto di rami di ulivo (ma anche di salice o di olmo) intrecciati artigianalmente, che comprende il dolce tipico locale (li virciddata), le mandorle fallamasa, l’olio di olivae i formaggi, tutti di produzione locale."
Il piatto
"Il maccu di fave e li virciddata: questi ultimi sono i dolci che si trovano in tutti i forni del paese."