La Voce di Campofranco 1961 - 2011

La festa del 50° anniversario

        50 anni, mezzo secolo! Un tempo che assume un valore diverso a seconda del punto di vista dal quale viene considerato: con l’allungamento della vita media nella società occidentale del terzo millennio, per esempio, un cinquantenne vive una seconda giovinezza, al punto che una maternità a quell’età è ormai quasi universalmente ritenuta normale; un matrimonio che raggiunge le nozze d’oro è oggi qualcosa di clamoroso, anche se nel nostro contesto locale, per fortuna, il traguardo ancora resiste.

E i 50 anni di un giornale? Un periodico locale che non gode di finanziamenti pubblici continuativi ma viene sostenuto dal contributo libero e volontario dei lettori e non persegue fini di lucro, che “vive” e viene ininterrottamente pubblicato e distribuito dal 1961? Come valutare il conseguimento di un simile traguardo?

La domanda è chiaramente retorica perché per “La Voce di Campofranco” si tratta senza dubbio di un risultato
straordinario che ha meritato di essere riconosciuto e adeguatamente celebrato.

La ricorrenza è stata festeggiata giovedì 13 ottobre 2011 presso il salone “Giovanni Paolo II” a Campofranco, con una conferenza organizzata e coordinata dal direttore responsabile Vincenzo Nicastro cui hanno partecipato diversi relatori specialisti della comunicazione, unanimi nel sottolineare che la meta raggiunta è sorprendente.

        Durante la breve introduzione il direttore ha ricordato che il giornale è nato per opera di don Nazareno Falletta allo scopo di mantenere i contatti con gli emigrati, che nel 1986 è stata fondata l’Associazione Culturale Don Pio Sorce “per dare più consistenza e una struttura diversa al giornale” e che oggi si stampano in due colori 2000 copie che raggiungono quasi tutto il mondo: la stampa a colori resta per il momento un sogno a causa dei costi proibitivi che allo stato attuale il giornale non può assolutamente affrontare.

Dopo il saluto delle autorità, il sindaco Calogero Mazzara e l’arciprete Alessandro Rovello, il quale ha esortato il giornale a “proporre la verità e diffondere l’amicizia”, sono intervenuti:

don Salvatore Falzone, docente di Etica dei processi comunicativi dell’Istituto Teologico “Mons. G. Guttadauro” di Caltanissetta, che da qualche anno cura la rubrica del giornale “Semi di senape”. Egli, dopo aver sottolineato che La Voce di Campofranco costituisce un caso singolare perché, pur non essendo mantenuto stabilmente da un ente, dura da così tanto tempo, “mentre altri bollettini parrocchiali hanno sempre avuto vita brevissima”, ha messo in evidenza tra l’altro, da un lato, la sua funzione di strumento che dà l’andamento demografico della realtà locale con i necrologi, gli annunci di nascita, di matrimoni, tanto da poter essere considerato “l’altro volto dell’anagrafe parrocchiale” e, dall’altro, il suo valore culturale in quanto è stato bacino per alcuni giovani studiosi che poi hanno scritto e pubblicato altrove. Tra questi Cataldo Naro, poi divenuto vescovo dell’Arcidiocesi di Monreale, con i suoi articoli sul primo Sinodo della Diocesi di Caltanissetta, Giuseppe Piccillo, professore di lingua e letteratura rumena che sul giornale si è occupato di dialetto siciliano, per esempio dell’origine della parola “mafia”, e Giuseppe Testa che ha scritto di vicende di famiglie del comprensorio.

Giovanni Crisostomo Nucera responsabile del Servizio storico, artistico e etnografico della Soprintendenza Beni Culturali di Caltanissetta, il quale ha affermato che il giornale ha tutti i requisiti previsti dagli articoli 10 e 13 del decreto legislativo n.42 del 2004 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio per essere considerato “bene culturale” e quindi da tutelare.

don Carmelo Petrone direttore responsabile de “L’Amico del Popolo”di Agrigento che ha ribadito l’eccezionalità della meta raggiunta dal giornale dal momento che è in genere considerato un evento il festeggiamento del decennale. Il suo intervento è stato una attenta disamina dei meriti della stampa locale il cui punto di forza, ha affermato, sta proprio nel suo radicamento nel territorio particolare per cui “contribuisce a dare soggettività alla comunità locale e alle singole persone” fornendo uno spazio per raccontarsi, comunicare esperienze, iniziative, tradizioni, dire i propri valori, la propria fede, esporre problemi ed attese. Il relatore ha usato due belle immagini, molto efficaci, per illustrare il suo pensiero: ha parlato de “La Voce di Campofranco” come “soggiorno di casa” della comunità, luogo nel quale tutti sono invitati ed accolti per riflettere, promuovere e diffondere la cultura del confronto e del rispetto reciproco, e come “sagrato” cioè punto di congiunzione tra la Chiesa e la piazza, la comunità ecclesiale e quella civile. Il giornale locale racconta la cronaca del territorio in cui opera, intendendo con la parola “territorio” non soltanto il confine geografico ma, soprattutto, “l’orizzonte antropologico ed esistenziale” perché l’oggetto del suo interesse è l’uomo, la persona, per aiutarla “a capirsi, a pensare in libertà, a progettarsi all’interno della propria realtà locale”, contrastando la perdita di identità, l’omologazione cui tende inesorabilmente la nostra società. Questo attaccamento al territorio, però, ha detto don Petrone, non deve essere frainteso: non si tratta di rimanere costretti in un “gretto campanilismo” ma di superarlo “senza abbandonare o tradire il campanile” il quale viene considerato un osservatorio privilegiato della realtà che ci circonda, in quanto ci dà la possibilità di vedere più lontano e di leggerla in maniera glocale: il locale dunque aiuta a leggere il globale e, viceversa, il globale ci dà una mano ad interpretare il locale.

Giuseppe Martorana redattore del “Giornale di Sicilia”, redazione di Caltanissetta, il quale ha riconosciuto al nostro periodico il merito della longevità ma prima ancora quello di esserci, soffermandosi poi sul mestiere del giornalista: persona che si pone domande, che cerca di trovare risposte, che mette insieme fatti talvolta solo apparentemente lontani tra loro, che immagina ciò che si tace, ma che può solo scriverne, non può dare soluzioni. E se i fatti che racconta sono tragici, come tante volte è successo a lui, gli ostacoli sono tanti e il suo lavoro diventa ancora più difficile.

Dopo la visione di un video clip curato da Enzo Mazzara che al suono ossessivo di “Noi che…” ripercorreva alcuni aspetti della vita degli ultimi cinquanta anni, l’assemblea ha ascoltato attenta il discorso conclusivo di 

mons. Mario Russotto, vescovo della Diocesi di Caltanissetta, il quale ha innanzitutto manifestato il suo apprezzamento per le cose straordinarie dette da chi lo ha preceduto e la sua gratitudine verso tutti i sacerdoti che dal fondatore in poi hanno in vario modo collaborato al giornale ed ha ricordato che dal '61 ad oggi, in ambito ecclesiale, si sono succeduti cinque papi, quattro vescovi, un sinodo, il primo della diocesi. Dopo aver sottolineato che i 50 anni di vita de “La Voce di Campofranco” indicano “una traditio che significa consegna di una storia alle future generazioni, un voler fare informazione ma anche formazione”, ha detto il suo grazie in considerazione del fatto che 50 anni dicono soprattutto fedeltà, una cosa non facile specialmente oggi, fedeltà alla propria coscienza che non scende a compromessi, e continuità, cioè “un voler  esserci per come si è, a tutti i costi, in quella dimensione glocale che dice peculiarità e collettività, soggettualità e, nello stesso tempo, solidarietà”. Il Vescovo ha inoltre dato una interpretazione del titolo del giornale, soffermandosi sull’articolo determinativo  « “La” Voce di Campofranco » già presente anche nelle pubblicazioni che costituiscono le radici del periodico, “La Voce amica”e “La Voce paterna”, a sottolineare come da sempre si sia voluto porre l’accento sull’intuizione che doveva trattarsi non di una voce tra le altre ma della voce. A questo punto mons. Russotto si è lasciato andare ad un dotto gioco di parole che ha messo ancora una volta in luce un tratto che lo caratterizza e che al contempo affascina e intimorisce chi lo ascolta: il suo amore per l’etimologia e la particolare sensibilità nel ricercare l’esatta sfumatura di significato dei vocaboli, soprattutto ebraici, ma non solo, per coglierne in profondità il senso, giungendo talvolta a creare dei neologismi. Partendo dalla parola ebraica per voce che ha anche il significato di “eco, sussurro, sospiro”, non inteso con l’accezione negativa che ha spesso in italiano, ma nella sua etimologia di “respiro che viene su e si consegna, quindi una voce che nasce dall’interiorità”, e accostandola ad un altra che nella lingua ebraica traduce il termine parola, che non significa semplicemente “articolazione sonora, ma fatto, evento, accadimento, quindi storia”, il Vescovo ha fatto al giornale l’augurio di diventare “la voce della Parola, dunque voce di Dio nell’oggi della storia, articolandosi in parole umane della Sua voce”. Per realizzare questo, ha concluso, è necessaria “la fedeltà alla coscienza credente” di laici la cui voce non si confonde con le altre nel “mercato delle chiacchiere”.

        Esauriti gli interventi, ai relatori sono stati consegnati dei piatti in ceramica del laboratorio locale Bevilacqua, creati appositamente per l’evento, raffiguranti in primo piano la chiesa matrice di Campofranco e, sullo sfondo, quella di s. Rita.

Tutti i collaboratori stabili del giornale, sia coloro che scrivono, sia quelli il cui lavoro è meno visibile all’esterno, hanno invece ricevuto una targa “per la pluriennale e preziosa collaborazione”.

        La manifestazione si è conclusa al Museo di Storia Locale dove il numeroso pubblico presente si è trasferito subito dopo per l’inaugurazione della Mostra retrospettiva del giornale: erano esposte le prime pagine di una buona parte dei 460 numeri de “La Voce di Campofranco” usciti finora.

Concetta Scifo

Alla manifestazione hanno preso parte rappresentanti di enti ed associazioni culturali e i rappresentanti di alcuni comuni del circondario: Sutera (sindaco Gero Difrancesco), Milena (vice sindaco Vincenzo Nicastro), Montedoro (vice sindaco Alfredo Zoda), Marianopoli (sindaco Calogero Vaccaro), Bompensiere, Mussomeli, Acquaviva. Rappresentanti della Riserva Naturale “Monte Conca” e del Distaccamento della Forestale di Sutera.