Volontariato in Abruzzo
per le Giubbe Verdi di Campofranco


Quest’estate, dal 21 al 30 luglio, anche quattro volontari di Campofranco hanno preso parte alla missione di aiuto alle popolazioni dell’Abruzzo che sono state colpite dal terremoto lo scorso 6 aprile: Michele Bevilacqua, Mimma Mantello, Catia Raffo e Calogero Randazzo, rispettivamente presidente e componenti della locale sezione delle Giubbe Verdi.
I quattro campofranchesi hanno aderito con entusiasmo e con spirito di servizio al contingente nisseno del Dipartimento Regionale della Protezione Civile che, partito in autocolonna da Caltanissetta, ha raggiunto il porto di Palermo da dove si è imbarcato per Napoli, insieme ai volontari provenienti dalle province di Enna e di Trapani. L’intero gruppo ha poi proseguito il viaggio fino alla destinazione che gli era stata assegnata e cioè la tendopoli di Colombaia nel comune di Tornimparte, un paesino di 22 frazioni in provincia de L’Aquila.
La tendopoli è allestita in un campo sportivo e oggi dà alloggio a circa 150 persone; è gestita esclusivamente dal DRPC Sicilia e, in particolare, da circa 40 volontari a ognuno dei quali è assegnata una mansione specifica. Le nostre Giubbe, infatti, hanno svolto compiti diversi;
Michele e Calogero si sono occupati della logistica del campo, quindi di manutenzione e controllo;
Mimma è stata impegnata in Segreteria con lavori di amministrazione, cioè di fornitura di buoni-pasto e altro materiale di prima necessità e di ricognizione delle attrezzature;
Catia, infine, si è presa cura degli anziani e dei bambini, di 4 e 5 anni, ripristinando le attività ludico-ricreative che erano state sospese, e riuscendo talvolta a coinvolgere anche i ragazzi più grandi che normalmente svolgevano attività sportive con un altro volontario.
I nostri dividevano una tenda a quattro posti letto ed hanno potuto sperimentare le difficoltà che la popolazione terremotata deve affrontare ogni giorno: hanno sofferto sia il caldo che il freddo dal momento che all’interno della tenda si acuisce l’ampia escursione termica di quella zona dell’Italia, i disagi della mancanza di privacy, dei servizi o chimici o ubicati lontano nei container, anche se puliti e ben tenuti dalla ditta preposta che ne curava l’igiene quattro volte al giorno. Le docce, anche se esterne, costituivano un lusso che la popolazione residente non ha: per questo motivo c’era grande disponibilità da parte dei volontari verso coloro che volevano usufruirne. I pasti venivano consumati in una grande tenda-mensa dove si ritrovavano tutti, sfollati , civili e militari e venivano preparati da una squadra di volontari di Siracusa.
Cercando, per quanto possibile, di allontanare il ricordo del dramma vissuto, le nostre Giubbe hanno condiviso con i residenti alcune occasioni liete, di festa: hanno contribuito all’allestimento della tenda-mensa a mo’ di chiesa per la funzione durante la quale l’arcivescovo de L’Aquila ha amministrato il sacramento della cresima ad un gruppo di venti ragazzi della tendopoli e dei paesi vicini; hanno organizzato la festa per il 17° compleanno di uno dei ragazzi del posto, Danilo, con torta e palloncini; hanno preso parte alla festa di congedo con mega grigliata organizzata dal responsabile del contingente, l’ing. Morgana, che ha coinvolto tutti e a cui hanno contribuito alcune signore del campo, le quali hanno avuto il piacere di preparare dolcini e torte.
Non sono mancati però i momenti di panico: quando, nel cuore della notte, hanno avvertito una scossa di terremoto, per fortuna di intensità lieve ma sufficiente a creare paura; o quando, durante una riunione dei responsabili, tutti hanno abbandonato di corsa le sedie, temendo una scossa, alla vista del comandante che si agitava: in quel caso però, grazie al cielo, si è trattato di un falso allarme che in seguito li ha fatti molto ridere ma che dà la misura della tensione che li accompagnava durante la missione: era semplicemente la vibrazione del telefonino che teneva in tasca!!!!!
I nostri quattro, come del resto tutti i volontari, sono andati in Abruzzo per dare una mano, per qualche giorno, a persone che mancano di tutto, non potevano certo risolvere i loro problemi; quello che resta alla fine, e che è veramente importante, sono di sicuro i rapporti umani che sono stati in grado di stabilire con la popolazione. E i nostri, questo, lo hanno saputo fare molto bene, grazie a quella sana sicilianità che caratterizza il campofranchese, cordiale ed ospitale verso i forestieri, come dimostrano le parole di stima e le manifestazioni di affetto che le autorità e i semplici cittadini hanno espresso durante i saluti di commiato.
In questo si è distinta in modo particolare Catia, vuoi per il ruolo che le era stato affidato vuoi, soprattutto, per il carattere estremamente aperto, espansivo ed accogliente che per certi aspetti la rende unica. “All’inizio”, racconta Catia, “non è stato facile instaurare rapporti di fiducia con gli anziani che, in quanto tali, sono stati segnati più di altri dalla tragica esperienza vissuta, per cui si mostravano restii e poco propensi al dialogo; ma, accompagnando l’infermiere nel suo giro di controllo del loro stato di salute, ho avuto modo di conoscerli tutti e di dimostrare loro che volevo farmi carico della loro sofferenza. E’ stato questo affetto e il sentire la sincera partecipazione al loro dolore che li ha fatti aprire e, disposti in cerchio davanti ad una tenda, hanno parlato in modo franco ed esplicito dei loro problemi, delle loro difficoltà , ribadendo che la disponibilità dei volontari era per loro un grande conforto”.
Continuando nel racconto della propria esperienza, vengo a sapere da Catia che anche il rapporto con alcuni bambini non è stato semplice dapprincipio; ma, grazie all’inventiva e alla ostinata capacità di perseverare che le riconosco quando vuole entrare nel cuore di una persona, è riuscita a coinvolgerli tutti in giochi colorati e creativi che li hanno fatti ridere e divertire. Un bambino, in particolare, Gianmarco, che prima disegnava soltanto figure astratte un po’ inquietanti, è riuscito spontaneamente alla fine a rappresentare la propria casa, con grande commozione da parte della mamma.
Forti legami dunque hanno saputo creare le nostre Giubbe nella loro missione in quel di Tornimparte. Lo testimonia il fatto che qualcuno, forse più sensibile di altri, non ha addirittura voluto salutare di persona i nostri per non commuoversi; che qualcun altro ha promesso di venirli a trovare appena sarà in grado di farlo; e la spontanea espressione di Roberto, una persona con qualche disabilità, che al momento dei saluti ha giocato col nome del proprio paese. Alla frase di Michele “Torniamo in Sicilia”, infatti, ha replicato: “No, solo in parte! Una parte di voi resta qui! Lo dice la stessa parola : Tornimparte! ”.

Concetta Scifo


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