Per ricordare padre Nazareno Falletta nel 10° anniversario della morte, 1998-2008
La Chiesa di S. Rita in Campofranco: il percorso storico e artistico


La storia della Cristianità è costellata di uno stuolo incalcolabile di Santi, alcuni dei quali, però, hanno lasciato tracce molto vive e profonde nella devozione dei fedeli; Santa Rita da Cascia è una di questi, e la festa che Campofranco Le tributa ogni anno nel mese di Maggio dimostra quanta devozione ci sia anche in località molto distanti dalla regione in cui la Santa visse.
Il culto per S. Rita nella cittadina di Campofranco prese piede fin dagli anni trenta per sollecitudine di quel dinamico sacerdote, don Pio Sorce da Mussomeli, che tanto attivamente si adoperò nel sollevare le condizioni religioso-culturali del paese. Successivamente fu padre Nazzareno Falletta il vero grande promotore di tutte quelle opere e attività che ormai da decenni sono legate ai festeggiamenti della Santa e alle opere edili che hanno sensibilmente influenzato l’omonimo rione.
Entrambi questi sacerdoti furono pervasi da una fervore e da una frenesia incontenibile nell’aiutare infaticabilmente ragazzi, giovani e operai a “crescere” in un periodo molto critico per la vita di intere comunità dell’interno della Sicilia; l’analfabetismo, il duro lavoro dei campi, l’ancor più duro lavoro delle miniere di zolfo e l’ignoranza dei temi fondamentali della Cristianità, imperavano diffusamente.
Il primo e più arduo compito fu quello di insegnare i rudimenti della lettura e scrittura della lingua italiana, seguito dalle fondamentali nozioni del Catechismo; parallelamente l’adesione di buona parte degli zolfatai e contadini all’A.C.L.I. impegnò ancor di più i due infaticabili sacerdoti nel far maturare la maggior parte dei campofranchesi anche nel settore del lavoro.
In quel contesto il culto verso Santa Rita costituì ottimo alimento spirituale per anime assetate anche di bontà, fede, amore.
Le estreme condizioni di indigenza e povertà in cui versava il paese, però, non permettevano la costruzione di una nuova chiesa da dedicare alla Santa; tuttavia, ergere in un primo momento una cappelletta a Lei dedicata e successivamente una minuscola chiesetta, la “Batìa”, dalle dimensioni di uno stanzone, furono i primissimi passi verso il raggiungimento di quel traguardo che da sempre aveva costituito una delle principali aspirazioni di Padre Nazareno.
Gli anni cinquanta ed i primi del decennio successivo furono gli anni decisivi per la realizzazione di un complesso di opere murarie molto significative, ognuna delle quali corrispondeva ad un preciso progetto dell’infaticabile sacerdote: un gran locale da destinare a tempio sacro; una bella sacrestia; due enormi saloni da adibire a particolari funzioni di socializzazione.
L’ambiente destinato ad accogliere le funzioni sacre era però soltanto un enorme salone, a pareti squadrate, lisce e nude, senza alcun elemento architettonico, scultoreo o pittorico che costituisce la caratteristica peculiare di una chiesa. Se poter disporre di una somma adeguata per l’esecuzione di tutti i lavori era impresa titanica, ancor più lo era trovare un artista all’altezza delle finalità prefissate; ma le opere di Dio hanno sempre un buon fine!
La Provvidenza intervenne tramite un modesto figlio di Campofranco, il giovane Scannella Carmelo, nato il 17/06/1924 e in quel periodo operaio specializzato presso la locale Miniera Cozzo-Disi; egli per mantenere decorosamente la famiglia, sfruttava anche i tempi liberi per lavorare come stuccatore-decoratore. Cresciuto in una numerosa famiglia di persone molto attive (muratori, scalpellini, elettricisti, ecc.), avviato ai più svariati lavori ed, in particolare, educato all’arte della pittura e della scultura dallo zio Giuseppe (l’orologiaio, autore del libro “Memorie d’Africa”), Miluzzu (come comunemente veniva chiamato lo Scannella), associava anche un profondo spirito religioso che lo aveva reso molto devoto della Madonna, di S. Calogero e di S. Rita.
Le sue capacità di pittore, decoratore e restauratore erano ormai riconosciute ed apprezzate; suoi sono i delicati e ammirati restauri di molte statue di Campofranco e di Bollate (MI). (foto S. Calogero; Madonna; Gesù Nazzareno)
Il giorno in cui Padre Nazzareno gli accennò, quasi per mera casualità, il desiderio di creare una bella chiesa, lo Scannella immediatamente si dichiarò disponibile a offrire gratuitamente la sua professionalità per realizzare una grande trasformazione del locale in tempio votivo degno di questo nome.
La fiducia e la conoscenza delle di lui capacità da parte del sacerdote, diedero il via ad una serie di lavori che inevitabilmente si sarebbero protratti parecchi anni per vari motivi: innanzitutto la grandiosità dell’opera e le obiettive difficoltà nel realizzare in assoluta economia lavori del genere; in secondo luogo, la scarsa disponibilità di aiutanti volontari; poi ancora, la difficoltà nel reperire i fondi per l’acquisto dei materiali e della grande quantità di stucchi necessari ad abbellire tutto l’interno; infine, la necessità di sfruttare solo i mesi estivi di ferie, a causa del recente trasferimento in Lombardia da parte dello Scannella.
Ad ogni modo, la fortuna di avere sul posto un’industria produttrice di gessi e la piccola fabbrica di stucchi di Salvatore Pera e Vincenzo Favata, oltre all’aiuto dei tre concittadini: Pietro Curcio, Antonino Vitellaro e Antonino Liuzzo, resero possibile quanto oggi si è in grado di ammirare. La realizzazione di un’opera siffatta costituisce per Campofranco motivo di vanto e prestigio, non tanto per essere stata arricchita in tempi moderni di una chiesa molto raffinata e bella, quanto specialmente per la fierezza di aver dato i natali ad un umile artista dalle grandi doti di progettista, architetto, scultore e pittore.
La scarna squadratura del tetto rispetto alle nude pareti fu ben presto modificata con una elegante volta sagomata a sesto ellittico, mentre finte colonne marmorizzate a capitelli corinzi in altorilievo sulle pareti, fungono da finti sostegni per la soprastante trabeazione.
Questa prima innovazione costituisce senza dubbio un capolavoro di soluzioni a posteriori, finalizzate a conferir all’insieme architettonico eleganza, snellezza e dinamismo; l’artista in tal modo fondeva le principali funzioni dell’arte classica: quella greca, squisitamente decorativa, e quella di elevazione, prettamente romana. (foto volta senza affreschi; capitello)
A livello architettonico-scultoreo, quindi, il merito più grande del giovane artista sta non solo nelle idee progettuali ma anche nella capacità esecutiva della miriade di lavori atti a trasformare la polvere di gesso in vere e proprie opere d’arte; il paziente e rigoroso lavoro di particolari scultorei, alimentato da una forte originalità di idee, rendeva sempre più armoniosa e suggestiva la trasformazione graduale del “salone” in tempio votivo.
Le ampie arcate del coro e della navata, stupendamente abbellite da stucchi flessuosi e riquadri pittorici di suggestiva bellezza, conferiscono dinamismo e policromia alle linee d’insieme; finte colonne ad altorilievo a capitelli corinzi, creano sulle pareti stacchi e spazi molto utili per l’inserimento di altari e nicchie. (foto pilastri ed arcata del coro; volta affrescata del coro)
Gli altorilievi e finte strutture portanti, rigorosamente in proporzione, conferiscono all’insieme quanto di più bello si possa pensare per un ambiente di queste dimensioni. Tutti i processi di lavorazione, eseguiti rigorosamente a mano libera e senza modelli di riferimento, danno infine quel tocco di originalità ed indiscutibile autenticità tipica dei veri artisti. Sempre dal punto di vista architettonico, non furono da meno i lavori di risanamento del tetto da infiltrazioni d’acqua; lavori, tra l’altro, ripresi ancora una seconda volta, dopo che l’acqua piovana infiltratasi attraverso la volta del coro, aveva rovinato irrimediabilmente la meravigliosa decorazione precedentemente realizzata.
La chiesa intanto veniva dotata di alcune stupende statue sacre: Santa Rita (opera di G.pe Runghaldier da Ortisei), offerta dagli operai della Montecatini; Maria Assunta; S. Giovanni Bosco; San Domenico Savio; ma la volta e le pareti restavano sostanzialmente nude, senza alcuna opera pittorica.
Allora lo Scannella, su invito del Rettore padre Nazzareno, dava inizio alla decorazione e alla realizzazione di quadri che costituiscono senza alcun dubbio l’aspetto più pregevole e delicato dell’intero tempio, dimostrando ancora una volta le sue capacità di artista polivalente e versatile. Veri capolavori di rappresentazioni pittoriche andarono ad adornare la volta e i riquadri laterali del coro, secondo scenografie suggerite dal messaggio evangelico (La trasfigurazione di Cristo; Cristo che consegna le chiavi a Pietro; ecc.), mettendo altresì in risalto il pregevole altare di marmo, collocato al posto del ligneo preesistente (opera dello scultore Michelangelo Buscemi da Porto Empedocle). (foto di Cristo che consegna le chiavi; trasfigurazione di Cristo)
Altre pregevoli opere pittoriche andarono ad adornare la volta della navata e i riquadri delle pareti, su una delle quali spicca il pregevole quadro di S. Gemma Galgani, secondo chiari riferimenti a momenti salienti della vita della Santa (Perdono ai nemici; S. Rita in preghiera; Morte di S. Rita). (foto del perdono ai nemici; S. Rita in preghiera; Morte di S. Rita; due grandi particolari) Oggi Campofranco può vantare un tempio sacro, dal quale emerge tutta la maestria e l’alto livello professionale di un artista dalla grandi capacità progettuali e di realizzazione in diversi settori dell’arte; lo Scannella, morto l’11/05/1994 lontano dalla sua amata Sicilia, dev’essere annoverato tra i figli che hanno dato lustro alla cittadina, e la sua memoria non va sottovalutata: che serva alle giovani generazioni come stimolo a perseguire strade per le quali vale la pena spendere un minimo di impegno per valorizzare quel grande talento che comunque è sempre presente nell’uomo.

Vincenzo Scannella
Bergamo, 2008


Ritorna alla Home Page