New York e dintorni
Grattacieli e incontri con gente di casa nostra
Reportage di don Salvatore Falzone


4. Chi è americano?

A Hoboken, presso la parrocchia SS. Peter & Paul, si trova il rev.do Frank G. del Prete; per qualche minuto sono stato ospite nella casa canonica di 404 Hudson Street. Insieme a lui, stimato avvocato ecclesiastico presso il Tribunale di Newark, vivono periodicamente giovani sacerdoti che provengono dal Sud America. Da Hoboken proviene pure don Peter Palmisano, di origine italiana, parroco di Our Lady of Mt Virgin Church in Garfield; è cresciuto a Hoboken, dove attualmente vive la sua famiglia; è solo un esempio di intreccio di vocazioni al sacerdozio, nate in seno a famiglie d’origine italiane di seconda o prima generazione. Si può constatare che il clima di vita a Hoboken, quando cade la sera in estate, è simile alla giovialità delle piazze del Meridione d’Italia; fra ispanici e italiani c’è un sentire comune che si può chiamare “mediterraneo”.
Il modo di pensare a New York è forse il più rappresentativo degli Stati Uniti: si dice che le cose sono fluttuanti. Basta guardarsi intorno per vedere gente di ogni razza: significativo è che in mezzo alla massa dei giovani si sono formate coppie impensabili fino a 40 o 50 anni fa. Ad esempio un giovane americano si lega ad una giovane giapponese, un tedesco passeggia con una inglese… Basterà visitare il Central Park per avere una visione multietnica dei giovani che vivono a New York.
Un giovane siciliano Antonio di Gesù, originario da Campofranco, (Cl), si è stabilito da alcuni anni a Manhattan ed è in servizio come rabbino in una comunità ebraica del New Jersey. Ha aderito al ramo dell’ ebraismo chiamato conservative in USA. Si sta specializzando in Letteratura ebraica medievale in una delle Università locali. L’ambiente giovanile più eccentrico è senz’altro l’ East Village di Manhattan. L’abbigliamento e il trucco del viso dei giovani è molto variopinto e curioso. Capita pure di vedere che la pelle divenga un artificio: un giovane può coprirsi di tatuaggi e diventare una specie di emblema sociale. Il melting pot è uno dei tratti più evidenti della popolazione locale. Ci sono poi altri profili: sociali e culturali, religiosi ed economici. Invitante è diventare flaneur: è la prima sensazione che si riceve da N.Y.C.. Le diverse radici etniche si incrociano e ottengono nuovi polloni. Qual è l’identità americana? Chi è americano, allora? Come si può identificare un modello di gruppo sociale, a parte i nativi d’America? Mi sembra che la fluttuante identità americana si possa almeno far risalire alla fine del XVIII secolo quando popolazioni d’orgine europea si sono insediate in America del Nord: si tratterebbe poi di inglesi, francesi e, in minoranza, olandesi e spagnoli, e in particolare di popolazioni di formazione nordeuropeo-occidentale che si emancipano dall’Impero d’origine e hanno costituito dopo la Guerra d’Indipendenza (1776) una società autonoma e intraprendente lanciata dall’East Coast verso la colonizzazione del West, non senza danni gravi e delitti sistematici contro le popolazioni indigene. A Hoboken sono concentrati molti ispanici: sono presenti pure molti afroamericani e asiatici dell’est.
Ad un incrocio della Washington Avenue si nota in un angolo un ristorante giapponese e in quello precisamente all’opposto un locale di cucina messicana. Le insegne di questi e di altri locali rimandano ad un universo culturale. I simboli pubblicitari sono reclames luccicanti: in un locale l’ambiente scenografico riproduce i simboli della società americana degli anni ’50–’60, la musica diffusa all’interno e all’esterno per i clienti appartiene a quel periodo. I camerieri hanno un abbigliamento appropriato: le loro identità sembrano, nel contesto artificiale stabilito, più credibili degli stessi avventori. Mi sembra una identità sociale da vernice: e in fondo sia il modo di vestire dei passanti sia il loro aspetto è più omogeneo e meno caratterizzato di quello dei giovani che servono in un locale così connotato.

5. Trasformazioni della famiglia

Sulle colonne del Corriere della sera (15 luglio 2005) ho letto un intervento del sociologo Giuseppe de Rita: Il Made in Italy della tolleranza. Si legge così a proposito di una donna che vive a Parigi e dice di non essere più marocchina e di non essere diventata neppure francese, ma di essere solo una donna musulmana: «Siamo al trionfo dell’indistinto, cioè di una caratteristica sfuggente di tutto il mondo contemporaneo dove le identità storiche, nazionali o ideologiche che siano, si dissolvono e al loro posto si insedia un insieme di comportamenti (di consumo, di comunicazione di massa, di mobilitazione emotiva) strutturalmente troppo labili e generici per garantire nuove identità»
Mi sembra che nel contesto della società americana gli italiani siano meno esposti al fluido amalgama dei suoi cittadini. I meridionali sembrano talora sospettosi verso il melting pot. Una certa tradizione familiare si è mantenuta e più di un valore è riconosciuto dagli italiani. Per quel che sento dire, sono meno frequenti i divorzi; senz’altro influisce in questo la morale familiare della Chiesa cattolica.
Fra coloro che provengono dal Sud America, pur essendo popolazioni dove è assai penetrato il cristianesimo, è diffuso, come già nella società americana, il modello della “famiglia allargata”: un uomo mette su famiglia, ha alcuni figli, poi lascia la prima moglie e prende un’altra donna da cui riceve altri figli. Intanto si complica il profilo patrimoniale e giuridico. In molti casi la filosofia di vita “prendi e lascia”, diventa uno stile. I nuclei familiari sono più estesi, perché comprendono sorellastre e fratellastri, e le situazioni economiche e i profili etnici più complessi. La famiglia è uno dei temi dell’universo morale. Attraverso il cinema in particolare è stato imposto all’attenzione e reso attraente più di un modello di comportamento. L’esperienza matrimoniale della signora Cristina Scannella Sclafani, originaria da Mussomeli, Cl, risente dei fenomeni della mobilità sociale; è vissuta a Milano, seguendo il primo marito; poi, è emigrata in USA dove si è risposata e al termine di una laboriosa pratica giudiziara ha ricevuto la benedizione religiosa secondo il rito cattolico. Insieme ai numerosi sacrifici superati, ha raccolto alquante soddisfazioni; è un’ottima baby sitter, stimata nel suo quartiere a Garfield. Ho conosciuto i suoi figli ed una nipote, una bambina che posa per la fotografia di moda a New York. Allo sviluppo della sua fede e della sua esperienza ha contribuito il delicato e prezioso aiuto di don Alfonso e don Nars Minon, d’origine filippina, prossimo a licenziarsi in diritto canonico a Roma.
Molti siciliani dalla provincia di Palermo si incontrano nel New Jersey: attraverso il lavoro e il sacrificio hanno migliorato le loro condizioni sociali ed economiche. Si può provare anche un pò di orgoglio a riconoscere cognomi italiani che campeggiano nelle insegne commerciali. A Garfield si sono impiantate molte famiglie provenienti da Marineo e Bolognetta. (A Bolognetta è attualmente in servizio un sacerdote originario di Mussomeli, padre Maniscalco) A New York i marinesi hanno fondato la società di san Ciro nel 1903 e la seconda è stata fondata a Garfield nel 1919. Qui hanno trasferito il culto locale del Patrono di Marineo. Del martire e medico cristiano di origine egiziana è stato diffuso il culto dopo il IV secolo ad opera di san Cirillo patriarca di Alessandria. Un tratto della Harrison Avenue porta il nome Plaza Marineo. Molte sono le strisce di pavesi tricolori che sventolano. Credo che lo spirito americano sia nel senso della tempestività e del pionierismo. I mezzi (come quelli di tecnologia avanzata) consentono di essere tempestivi, la propria determinazione consente mette in grado di cominciare da capo, senza mezzi.
Si può partire da una circostanza esterna, per esprimere tale concetto: l’esperienza di andare con un giovane su e giù per Manhattan in bicicletta. Correre in bicicletta con Franco di Salvo, in mezzo al caotico traffico della metropoli; è come un attrito fra l’anima e l’asfalto. L’esperienza della velocità è di gran vantaggio interiore: non è più in gioco di attraversare le Avenues in bicicletta. La fretta si distingue dalla velocità perché il suo risultato non è necessario. La velocità è invece la qualità di azioni compiute in vista di un obiettivo necessario. Ciò che più importa è di saper lasciare la terra d’origine e provare anche per breve tempo ad essere come missionario: in gioco è la prospettiva di svolgere la corsa dell’anima verso la sua meta.

6. Olio, pane, libri, computer e carni

A Garfield una delle strade è stata intitolata a Frank Calandriello senior: d’origine campana, si è distinto come sindaco della città. Vi sono italiani inseriti anche nelle amministrazioni e nelle direzioni statali. Piccole imprese di famiglia ora si sono ingrandite rispetto ad alcune decine di anni fa. A Clifton si trova la signora Taibi, originaria di Mussomeli, dalla provincia di Caltanissetta. A suo tempo teneva una piccola impresa di trasporto di carburanti e portava il suo nome: Taibi Oil Company. È stata sposata con un impresario di origine ungherese e i suoi nipoti vivono ora sparsi negli USA. Attualmente un olio, da loro prodotto, porta il loro marchio ed è considerato un prodotto italiano doc.
Tra i discendenti della famiglia Amico Buttaci, originaria di Acquaviva Platani (Cl), si è distinto Salvatore: ha studiato nelle scuole americane e ha insegnato inglese nelle scuole. Ha pubblicato, in agili opuscoli, poesie, racconti, e proverbi, sia in dialetto siciliano sia in lingua inglese. Balza immediatamente all’occhio che queste pagine sono una prova di integrazione ed emancipazione culturale e sociale. Salvatore Amico Buttaci è nato a New York nel 1941 e vive attualmente a Lodi, NJ.
Infine la famiglia D’Angelo Pera: la Signora Croce Pera è originaria di Campofranco, con lei e i suoi figli è nato uno speciale legame: ora la famiglia si è ingrandita e i nipoti costituiscono una seconda generazione di cittadini americani. I genitori di questi ragazzi hanno trovato lavoro in piccole aziende o fabbriche; in seguito si sono emancipati, inserendosi anche nei servizi sociali dello Stato. I coniugi Caterina d’Angelo e Rocco Murro si sono perfino premurati affinché fossi loro ospite in una gita a New York, al Museo di Ellis Island e alla Statua della Libertà. Fra di loro uno dei più giovani rampolli si prepara a frequentare un prestigioso College per diventare un professionista informatico.
In genere i meridionali italiani hanno impiantato nei luoghi dove sono vissuti le tradizioni della pietà popolare. È stato un modo di mantenere il legame con la propria terra e la propria religione. A Garfield la chiesa di Our Lady of Mount Virgin è dedicata alla Madonna di Monte Vergine, santuario situato nella provincia di Avellino: il sig. Mario Guerriero, di cui il padre era originario di Castelbuono (Pa), s’era trasferito in provincia di Avellino per motivi di lavoro. Di là il figlio Mario è poi andato come emigrante in USA. Proprio a Garfield si trovava già una missione per gli immigrati cattolici dedicata al Santuario campano. Nel 2004 è stato celebrato il centenario della fondazione della chiesa. Il primo sacerdote impegnato in questa missione era di origine irlandese e si è dedicato per 27 anni alle famiglie di emigrati: è significativo che parroci succeduti a Our Lady of Mount Virgin Church siano stati sin’ora di origine straniera e fra questi anche italiani.
Il sig. Mario Guerriero è stato un grossista di carni. Anche altri si sono affermati nel campo professionale come la famiglia Vitamia-d’Angelo ricercati e apprezzati per il loro pastificio. Il responsabile del pastificio porta il cognome d’Angelo e si vanta che suo nonno girasse per i comuni di Sicilia organizzando giochi d’artificio. Oggi Garfield ha subito già una mutazione etnica e sociale. Sono subentrati numerosi nuclei familiari polacchi e ispanici: per cui di fatto esistono 2 parrocchie per gli italiani, una per i polacchi e una per gli ispanici.


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